Il cuore

Il cuore di mia Nonna ha iniziato a battere il 18 agosto del 1908. A 70 battiti al minuto per ventiquattr’ore tutti i giorni di quasi quasi cent’anni sono qualcosa meno di 4 miliardi di battiti. Il cuore di mia Nonna è passato piccino attraverso una guerra mondiale e più grandicello attraverso un’altra guerra mondiale, una manciata di rivoluzioni politiche e qualche rivoluzione culturale, sempre senza perdere un colpo. Ha iniziato a battere sotto una monarchia in un secolo e ha finito sotto una repubblica nel secolo successivo.

Le gambe di mia nonna hanno fatto capolino sotto alla gonna nelle feste di paese in un’epoca in cui si festeggiava in piazza, con i suonatori di fisarmonica, dopo essersi spezzati la schiena nei campi. Si invitavano le ragazze ad uscire, ci si scambiava occhiate e c’era più da scoprire che da coprire. Le gambe di mia nonna hanno camminato in mezzo ai campi e lungo il loro bordo, più o meno da quando sono state in grado di portarla in giro fino all’ultimo giorno. Hanno portato la Nonna su e giù per le rive della cascina, su e giù per le scale di casa, in Frazione Brengaz in montagna, sul lungomare di San Remo ormai qualche anno fa.

Le mani di mia Nonna hanno accarezzato, scavato, picchiato, impastato, sfiorato, strozzato, mescolato, schiacciato per quasi cent’anni. Tutto questo lavoro lo mostravano al mondo con la loro pelle bruciata dal sole, con le unghie ormai rovinate, con le macchie sul dorso, con il palmo rugoso e con la forza tremenda con la quale stringevano. Le mani di mia Nonna hanno mescolato il verderame nelle cisterne di cemento e mescolato uova farina e zucchero su decine di tavoli da cucina. Le mani di mia nonna hanno diviso l’insalata buona da quella marcia sull’aia in cascina.

La bocca di mia nonna raccontava volentieri storie, anzi, la storia. La Sua storia. Raccontava di quando in paese c’era la Radio e ci si riuniva per ascoltarla, o di quando davano un colpo al cerchio e uno alla botte per non scontentare troppo nessuno e riuscire a tirare avanti in guerra. Di come l’orologio a pendolo in sala si sia fermato nel momento in cui il cuore del Nonno si è fermato. La bocca di mia nonna ha baciato labbra, teste, guance; ha mangiato bucce di patate e erbaccia quando non c’era altro e una minestra, comunque, la si fa con poco, ma preferiva di gran lunga i gamberoni alla griglia. Beveva sì l’acqua, ma preferiva il vino.

Gli occhi di mia nonna hanno visto le prime auto arrivare in paese quando solo chi poteva aveva i cavalli. Hanno visto i primi partigiani arrivare in paese, i primi soldati arrivare in paese e i primi uomini morire in paese. Hanno visto i figli, i nipoti e i pronipoti.

Hanno visto gli occhi del Nonno una sera d’estate.

12 Maggio 2008

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