Archivio mensile:Maggio 2004

La cima delle montagnette

La gita, questa volta, è di due giorni ed il primo prevede una lunga tappa di avvicinamento: la meta per la sera è il ristorante “L’oste d’Oc” e il trucco per arrivare a Pietraporzio senza impiegarci una vita è evitare il centro di Cuneo: “Non seguire biecamente la traccia e alzare la testa ogni tanto; ogni tanto consultare la cartina”. Il discorso vale anche sulla strada asfaltata, ovviamente.

Il mattino dopo, a questo punto dell’anno parlare di orario di sveglia è solo un lento rigirare di coltello, inizia la parte aerobica dell’esperienza scialpinistica. Camminiamo all’ombra in un vallone per un tratto talmente lungo che ormai riesco a imaginarmi la meta: una splendida vetta ombreggiata. Quando arriviamo al sole è solo per scoprire che fa caldo, ma questo non è un grosso problema. Almeno per il momento.

In fondo al vallone il pendio si fa abbastanza ripido e la soluzione più sana, ci dicono, è mettere gli sci in spalla per una manciata di metri. La gita procede, poi, seguendo un tracciato abbastanza lungo anche se il dislivello non è doloroso, ma noi comuni mortali sentiamo, chi più chi meno, l’onere della peperonata della sera prima. C’e’ un gruppo di strani personaggi , invece, che non pare toccato da questo problema e arriva felice in vetta con smodato anticipo.

La vetta è stretta e lunga e l’unico modo per arrivarci è lasciare gli sci qualche metro più in basso e salire a piedi. Non c’e’ posto per tutti, ma c’e’ il tempo per una foto e poi ci si prepara a scendere che il tempo stringe e il sole scalda. La neve infatti è quel che è e le povere gambine ne risentono non poco.

Gli ultimi metri li percorriamo scivolando lentamente cercando di sfruttare fino alla fine la poca neve rimasta a valle sino al punto in cui non ha piu’ senso proseguire e conviene avviarsi verso la macchina con gli sci a spalle.
Là dove ormai il bianco è un ricordo e tutto quel che passa sotto gli sci sono aghi di pino misti a pappetta bianca, rimangono scolpite nella roccia le parole di Monica “Ce n’e’ ancora, ce n’e’ ancora!” qualche metro prima di finire teneramente abbracciata ad un larice.

La multa e l’enalotto

Il 6 aprile scorso, dopo aver girato a vuoto per un venti minuti attorno al mio luogo di lavoro, ho parcheggiato l’auto in divieto di sosta. Lo so, Padre, ho peccato. Gli “Angeli della Municipale” mi hanno giustamente punito appiopandomi una una multa che io ho messo in tasca e incautamente dimenticato. D’altra parte l’evento di qualche giorno dopo mi aveva ingiustamente fatto pensare di essere in credito con quella parte di universo che ha a che vedere con le quattro ruote. L’intento, comunque, era quello di pagare entro una sessantina di giorni passando in tabaccheria e sfruttando la comoda schedina da dare in pasto alle lotto-macchinette.

Stamattina sono passato in tabaccheria e ho avuto conferma della bananicità della nostra Repubblica.
Il modulo per pagare in automatico è stato stampato male percui nessuna delle macchinette riesce veramente a leggerlo: i tabaccai (tutti) devono compilare il modulo a mano. La partita di moduli sbagliati è in giro da parecchi mesi e ancora non se ne vede la fine.
Il tempo a disposizione per pagare questo tipo di multa è di dieci giorni, quindi mi tocca una mora.
Non c’e’ modo di pagare questa mora sul momento, infatti trascorsi i dieci giorni i pezzi di carta in mio possesso non servono piu’ a niente: deve arrivare a casa una seconda multa equivalente alla prima piu’ mora e spese di notifica stampata su un’altro foglietto simil-enalotto a sua volta illeggibile.
Nel frattempo posso solo aspettare.
Buona banana a tutti.