La cima delle montagnette

La gita, questa volta, è di due giorni ed il primo prevede una lunga tappa di avvicinamento: la meta per la sera è il ristorante “L’oste d’Oc” e il trucco per arrivare a Pietraporzio senza impiegarci una vita è evitare il centro di Cuneo: “Non seguire biecamente la traccia e alzare la testa ogni tanto; ogni tanto consultare la cartina”. Il discorso vale anche sulla strada asfaltata, ovviamente.

Il mattino dopo, a questo punto dell’anno parlare di orario di sveglia è solo un lento rigirare di coltello, inizia la parte aerobica dell’esperienza scialpinistica. Camminiamo all’ombra in un vallone per un tratto talmente lungo che ormai riesco a imaginarmi la meta: una splendida vetta ombreggiata. Quando arriviamo al sole è solo per scoprire che fa caldo, ma questo non è un grosso problema. Almeno per il momento.

In fondo al vallone il pendio si fa abbastanza ripido e la soluzione più sana, ci dicono, è mettere gli sci in spalla per una manciata di metri. La gita procede, poi, seguendo un tracciato abbastanza lungo anche se il dislivello non è doloroso, ma noi comuni mortali sentiamo, chi più chi meno, l’onere della peperonata della sera prima. C’e’ un gruppo di strani personaggi , invece, che non pare toccato da questo problema e arriva felice in vetta con smodato anticipo.

La vetta è stretta e lunga e l’unico modo per arrivarci è lasciare gli sci qualche metro più in basso e salire a piedi. Non c’e’ posto per tutti, ma c’e’ il tempo per una foto e poi ci si prepara a scendere che il tempo stringe e il sole scalda. La neve infatti è quel che è e le povere gambine ne risentono non poco.

Gli ultimi metri li percorriamo scivolando lentamente cercando di sfruttare fino alla fine la poca neve rimasta a valle sino al punto in cui non ha piu’ senso proseguire e conviene avviarsi verso la macchina con gli sci a spalle.
Là dove ormai il bianco è un ricordo e tutto quel che passa sotto gli sci sono aghi di pino misti a pappetta bianca, rimangono scolpite nella roccia le parole di Monica “Ce n’e’ ancora, ce n’e’ ancora!” qualche metro prima di finire teneramente abbracciata ad un larice.

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