I Am Kloot

All’Hiroshima non c’era molta gente e forse è stato meglio cosi’. Un’ambiente un po’ intimo non puo’ che fare bene in questi casi. I signori di Manchester sono in tre chitarra batteria, basso. Un classico.
La prima impressione è che alle chitarre John Bramwell sia il babbo di Albarn o Damon stesso invecchiato male. Quando l’occhio di bue lo inquadra, invece, si capisce perfettamente che è la versione invecchiata coerentemente (quindi sbronza) di Noel Gallagher. Alla batteria c’era il babbo di Bonehead (ex-Oasis) e al basso un ciuffo di capelli.
L’attacco è fulminante e alla terza canzone ti chiedi com’e’ possibile che tu non li conosca già. Bravi, capaci coinvolgenti. Le canzoni mai (troppo) banali, I siparietti in inglese (con le ‘o’ al posto di quasi tutte le vocali) sono quasi tutti comprensibili cosi’ come i testi delle canzoni il che non è scontato.
Il concerto prosegue senza pause per un paio di ore scarse. Poi il ritmo accelera leggermente; il cambio chitarra per l’ultimo pezzo aviene quando ancora non si sono spente le note del brano precedente. “Ciao ragazzi alla prossima”. Ultimo pezzo. “Ciao”. Saluto. Giù dal palco . Via di corsa.
Eccheccazzo, almeno prendetevi gli applausi, no?

4 pensieri su “I Am Kloot

  1. Simona

    Perderli? Un errore, perché se non altro -parola di Johnny- cantavano di “drinking, insanity and tragedy”, cose di tutti i giorni, nevvero?

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  2. Simona

    Johnny, 1-metro-e-una-testa, il cantante… La mia amica Jane della Scozia non sa che significhi “Kloot”; ma allora chi lo sa l’Inglese, i pinguini del Polo Nord-Irlandese??!

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